Il 16 gennaio 2020 si celebrerà il centesimo anniversario dall’entrata in vigore del XVIII emendamento degli Stati Uniti d’America, e l’inizio del periodo da tutti conosciuto con il termine di Proibizionismo.
Con il termine PROIBIZIONISMO si intende il periodo della storia americana che va
dal 16 gennaio 1920 al 5 dicembre 1933.
La nascita del proibizionismo ha profonde radici culturali, sociali e religiose; la lotta contro il consumo di liquori fu avviata per motivi morali dai predicatori protestanti sin dai primi del 19° secolo e ripresa dall’American society for the promotion of temperance nel 1826.
I consumi alcolici erano enormi: nel 1830 un americano medio sopra i 15 anni assumeva 1,7 bottiglie di distillati a settimana.
L’abuso era alla base di risse e violenze, di problemi di salute ed anche di corruzione.
Il periodo successivo al 1836 è noto come Dry Crusade (Crociata Asciutta).
La popolazione si divideva in dry (asciutti), soprattutto donne, afroamericani, e protestanti provenienti dalle campagne e dai piccoli centri, e wet (bagnati), soprattutto uomini, bianchi, cattolici provenienti dalle grandi città.
Nel 1846 il Maine fu il primo Stato ad approvare una legislazione proibizionista, imitato da altri 12 Stati del Nord; ai primi del 20° sec., la lotta agli alcolici fu fatta propria anche dai deputati progressisti dei partiti democratico e repubblicano; nel 1906, preoccupati dagli effetti dell’alcolismo sull’efficienza della manodopera e dai maltrattamenti sulle donne all’interno delle mura domestiche, alcuni datori di lavoro si organizzarono nell’American anti-saloon league, cui aderirono numerosi industriali tra cui John D. Rockefeller, Henry Ford ed Henry Joy, ed entro il 1915 la metà degli Stati aveva vietato il consumo di bevande alcoliche.
Con i fondi a disposizione e idee ben radicate, le società di temperanza cominciarono a parlare al popolo usando i numeri e promuovendo il regime “DRY”. "I liquori sono responsabili del 25% della miseria, del 37% del depauperamento, del 45,8% della nascita di bambini deformi, del 25% delle malattie mentali, del 19,5% dei divorzi e del 50% dei crimini commessi nel nostro Paese" - citano le statistiche del Congresso fornite dalla Anti-Saloon League nel 1914.
La discussione del 18° emendamento iniziò al Senato a gennaio 1917, l’approvazione del 36° su 48 Stati, necessaria per l’adozione, avvenne il 16 gennaio 1919; invece della solita applicazione immediata, si dava un anno agli Stati per metterlo in vigore. Si proibiva la produzione, importazione, trasporto e baratto (ma non possesso o consumo) di alcolici intossicanti, definendoli tali oltre lo 0,5% di ABV ( Alcool by volume).
Formalmente noto come il National Prohibition Act, fu redatto da Wayne Wheeler della Lega Anti-Saloon: prese però il nome di Andrew Volstead, presidente della Commissione Giustizia, che lo ripropose dopo il veto tecnico del presidente Woodrow Wilson.
Il 15 gennaio 1920 vi fu quindi l’assalto ai saloon da parte dei bevitori, che fecero incetta delle ultime bottiglie rimaste.
L’introduzione di un regime così restrittivo e controverso portò immediate conseguenze e problemi, molti dei quali creati o accettati direttamente dalle stesse amministrazioni pubbliche
Il capo della polizia di Chicago si lamentò che il 60% dei suoi uomini fosse coinvolto nel bootlegging tipico dei contrabbandieri.
Lo Stato di New York oppose al Proibizionismo resistenza sia passiva, riducendo i fondi per i controlli, che attiva cambiando le norme locali fino al sostanziale annullamento nel 1923.
Una cosa simile accadde in Maryland dove i medici contestarono l’autorità del Congresso a legiferare su questioni mediche e, nel 1921, fecero discutere in aula le proprietà terapeutiche della birra.
Per la criminalità organizzata il bando fu una manna: la mafia si occupava soprattutto di gioco d’azzardo, prostituzione, furti ed estorsioni, quindi con una rete di locali e personale già avviata in cui era facile aggiungere gli alcolici per i clienti correnti e trovarne di nuovi.
L’alto numero di consumatori anche tra i pubblici ufficiali e la percezione della legge come ingiusta permise di trovare numerosi agganci per la corruzione ed espandere ulteriormente il mercato.
I gangster riciclavano molto in attività legali creando lavoro, e in attività caritatevoli per mantenere una buona immagine necessaria per intervenire in politica, foraggiando campagne elettorali e progetti che nascondevano la corruzione
Figura di spicco di questo periodo è senza dubbio Alphonse Capone.
La sua fortuna, come quella di molti altri criminali di spicco di quegli anni, fu raggiunta tramite il commercio di alcool nel mercato nero.
Al Capone si riforniva di alcool dalla Florida, dal Messico e dal Canada, oltre che da alcuni distillatori clandestini di Chicago, rivendendo poi queste bottiglie agli speakeasy, ovvero locali in cui gli alcoolici venivano venduti al pubblico illegalmente. La nascita di questi locali, ramificati sul territorio, portava ovviamente le bande rivali allo scontro per il controllo del territorio stesso. Così cominciarono a vedersi per strada i primi scontri a fuoco, sempre più frequenti.
Le principali rotte del contrabbando di alcolici erano quella canadese, più battuta dagli stati del Nord e Nord Est, e quella Caraibica, per gli stati del Sud che si rifornivano di Rum e distillati europei che venivano trasportati alle Bahamas.
Al Capone, ormai personaggio pubblico, in una delle sue interviste rilasciò una dichiarazione sconcertante in merito: “Ho fatto i soldi fornendo un prodotto richiesto dalla gente. Se questo è illegale, anche i miei clienti, centinaia di persone della buona società, infrangono la legge. La sola differenza fra noi è che io vendo e loro comprano. Tutti mi chiamano gangster. Io mi definisco un uomo d'affari.
Il divieto di produrre alcool e liquori in tutto il territorio federale portò come conseguenza, oltre al contrabbando, anche la distillazione illegale e la contraffazione di prodotti medicali.
Nacquero i Moonshine, distillati illegali lavorati al “chiaro di luna” con materie prime di scarsa qualità e mezzi di fortuna. Si trattava per lo più di prodotti poveri ottenuti dalla distillazione del mais o della segale e successivamente addizionati con zucchero o caramello.
Spesso la lavorazione aveva contaminazioni: non era raro che i consumatori accaniti restassero ciechi, paralizzati o perdessero lucidità, questi sintomi venivano chiamati Mountain Dew (rugiada montana)
Nel 1929 il Congresso votò un ampliamento alla legge sul Proibizionismo, ritenendo che la stessa non avesse funzionato per quasi un decennio a causa della sua debolezza, approvando una norma che prevedeva pene detentive anche per chi consumasse alcool e non solo per chi lo fabbricava o vendeva
In verità a distanza di anni il Proibizionismo mostrò effetti diametralmente opposti a quelli tanto decantati al varo della legge, tanto che si cominciò a discutere sull’abolizione della legge. La gente cominciò a scendere in piazza per dimostrare contro il regime di intolleranza e gli stessi industriali “sostenitori” dell’Anti-Saloon League, si accorsero ben presto che il Governo degli Stati Uniti, non ricevendo più proventi dalla tassa sull’importazione di alcool, cominciò ad aumentare la pressione fiscale sulle grandi aziende, tra cui le loro, questo portò personaggi del calibro di Rockefeller e Joy a fare un passo indietro e ad ammettere il loro errore.
Dopo il fallimento del Proibizionismo anche in Norvegia (1919-1926) e Finlandia (1919-1932), con il 73% dei voti, nel 1933, il Congresso degli Stati Uniti votò a favore del XXI emendamento che interdiva ciò che era sancito nel diciottesimo emendamento, cioè di fatto sanciva la fine del proibizionismo, ad un anno dall’elezione di Roosvelt alla Casa Bianca.
Andrea Montagnana
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